Il Diritto all'Oblio Digitale: Equilibrio tra Privacy e Libertà di Espressione nell'Era dell'Informazione
- lexplorepro
- 19 mag
- Tempo di lettura: 4 min

1. Introduzione
Viviamo in un’epoca in cui tutto è “per sempre” su Internet. Notizie, commenti, fotografie e procedimenti giudiziari possono riemergere con un semplice click, incidendo sulla reputazione e sulla vita privata delle persone. Il diritto all'oblio risponde proprio a questa nuova esigenza sociale: dimenticare nel mondo digitale ciò che nel mondo fisico sarebbe stato già dimenticato.
Questo diritto si pone al crocevia tra la tutela dei dati personali e la libertà di espressione, creando inevitabili tensioni giuridiche, soprattutto quando entra in gioco il diritto all'informazione.
2. Origini e Riconoscimento Normativo
2.1 Il caso Google Spain (C-131/12)
La vera “nascita” del diritto all’oblio risale alla storica sentenza della CGUE del 13 maggio 2014 (Google Spain SL e Google Inc. vs AEPD e Mario Costeja González). In tale decisione, la Corte ha stabilito che l’interessato può chiedere la rimozione di link da un motore di ricerca qualora le informazioni siano:
irrilevanti rispetto alle finalità del trattamento,
non aggiornate o eccessive,
lesive della dignità personale.
Questa sentenza ha avuto un impatto dirompente, dando forma a un diritto non previsto espressamente nella normativa allora vigente.
2.2 Il GDPR: articolo 17
Con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (UE 2016/679), entrato in vigore nel 2018, il diritto all'oblio è stato formalmente riconosciuto all’art. 17. L’interessato ha diritto alla cancellazione dei dati personali, ad esempio:
quando i dati non sono più necessari;
quando l’interessato revoca il consenso;
quando i dati sono stati trattati illecitamente.
Ma il diritto non è assoluto: è escluso, ad esempio, nei casi in cui il trattamento sia necessario per motivi di interesse pubblico o per l’esercizio della libertà di espressione.
3. Ambito di Applicazione e Confini
3.1 Informazioni pubbliche vs private
Un elemento chiave riguarda la qualifica delle informazioni da deindicizzare. Notizie di reato, condanne, o procedimenti giudiziari devono essere valutati alla luce di:
temporalità (quanto tempo è passato?),
ruolo pubblico del soggetto (è una persona nota?),
rilevanza sociale della notizia (ha ancora interesse pubblico?).
Esempio pratico: un imprenditore condannato nel 2005 per bancarotta semplice, che oggi gestisce una nuova impresa in modo lecito, potrebbe legittimamente chiedere la deindicizzazione di una vecchia notizia, in assenza di attualità informativa.
3.2 Portata territoriale
Nella sentenza Google LLC vs CNIL (C-507/17), la CGUE ha chiarito che la deindicizzazione non deve avvenire a livello globale, ma solo all’interno dell’UE, a meno che una normativa interna preveda diversamente. Questo limita l’efficacia del diritto all'oblio in ambito extraterritoriale.
4. Diritto all’Oblio e Ordinamento Italiano
4.1 Orientamento della Cassazione
In Italia, la Cassazione ha elaborato una serie di criteri per valutare la legittimità della permanenza online di notizie:
interesse attuale alla conoscenza,
veridicità e correttezza dell’informazione,
necessità di contestualizzazione.
Cass. civ. n. 13161/2016 – È stato ritenuto legittimo oscurare una notizia di cronaca nera risalente a oltre 10 anni prima, in quanto non più attuale e lesiva della dignità dell’interessato.
4.2 Differenza tra cancellazione e deindicizzazione
È fondamentale distinguere:
deindicizzazione: rimozione del collegamento nei motori di ricerca (Google, Bing).
Il diritto all’oblio si riferisce primariamente alla deindicizzazione, ma può estendersi alla rimozione vera e propria in certi casi (es. archivio digitale di un giornale).
5. Rapporti con altri settori del diritto
5.1 Diritto penale
Il diritto all’oblio si scontra spesso con il diritto di cronaca giudiziaria. Si è discusso molto della possibilità di oscurare notizie su procedimenti conclusi con proscioglimento, prescrizione o riabilitazione.
Caso emblematico: richiesta di deindicizzazione di una sentenza penale in cui l’imputato era stato assolto, ma la notizia rimaneva tra i primi risultati Google.
5.2 Diritto del lavoro
Anche in ambito lavorativo, la permanenza online di informazioni negative può costituire una forma indiretta di discriminazione. Il diritto all’oblio può quindi svolgere una funzione di reinserimento sociale.
6. Criticità Attuali e Prospettive Future
6.1 Intelligenza artificiale e profilazione
Con l’uso crescente dell’IA, i dati personali possono essere aggregati, profilati e riutilizzati senza che l’interessato ne sia pienamente consapevole. Il diritto all’oblio rischia di diventare inefficace se i dati vengono replicati in sistemi automatizzati.
6.2 Social media e difficoltà tecniche
Le piattaforme social complicano ulteriormente la cancellazione: i contenuti vengono condivisi, commentati, salvati. L’effettiva rimozione richiede coordinamento tra più attori digitali, talvolta non collaborativi.
7. De iure condendo: verso un diritto più efficace
Occorre riflettere su alcuni possibili sviluppi futuri:
Obbligo globale di deindicizzazione per casi gravi, come contenuti diffamatori o notizie false;
Maggiore trasparenza nei criteri adottati dai motori di ricerca per accettare o rigettare le richieste;
Istituzione di un’autorità sovranazionale con poteri di controllo e garanzia sull’esercizio del diritto all’oblio.
Una proposta interessante potrebbe essere l’introduzione di “età digitale dell’informazione”: dopo un certo numero di anni, le informazioni personali online diventano soggette automaticamente a valutazione per l’eventuale rimozione.
8. Conclusione
Il diritto all’oblio non è il diritto a riscrivere il passato, ma quello di non essere giudicati per esso in eterno. È un diritto di libertà, che consente all’individuo di riappropriarsi della propria identità, soprattutto nel contesto digitale dove tutto è tracciabile e recuperabile.
Serve equilibrio: tra memoria e oblio, tra informazione e dignità, tra interesse pubblico e diritto individuale. In questo equilibrio risiede la sfida più grande del diritto nell’era digitale.
Commenti